BERNARDELLI ANGIOLA

BERNARDELLI ANGIOLAAngiola  Bernardelli vive la realtà a suo modo e in un suo mondo, in cui il quotidiano tende costantemente a slittare nel racconto favolistico, non tanto – o non solo – nel sogno (anche se qualche volo chagalliano lo richiama), quanto in una dimensione di delicata, quieta, gioiosa e trasparente vitalità affettiva. Un po’ alla Peynet, mi pare, anche se la sua ricerca grafico-pittorica esige storie più articolate e complesse rispetto alla seriale sintesi vignettistica del grande umorista.

In questa direzione di analisi si può meglio cogliere come l’acquaforte sia uno dei media artistici più confacenti alla sua peculiare sensibilità: il tempo lungo del processo operativo, la necessità di elaborare il racconto figurale soprattutto per via di immaginazione, in quanto fino alle prove di stampa nulla è chiaramente visibile, i tempi dilatati che consentono emergenze emotive e inattesi sviluppi narrativi, la possibilità di ulteriori interventi sulle matrici (a bulino, a puntasecca, al berceau, al brunitoio, martelletto, con varie punte e gli arnesi più disparati), e poi la scelta delle carte, degli inchiostri, in una pratica che ha suggestioni proprie del mondo alchemico, magico. Se certe deformazioni segniche sono indubbiamente di citazione impressionista, io direi che il mondo di Angiola Bernardelli appartiene a un simbolismo post-romantico e onirico, dove il sogno è richiamato a fondersi nella realtà e la realtà esistenziale a modularsi nel sogno.

Lo sguardo di Angiola è tutto verso l’interno, verso gli strati profondi dell’esperienza, in ascolto di voci, in attesa di immagini capaci di sovrapporsi e amalgamarsi con quelle della realtà – verso la quale sono aperti e particolarmente prensili i sensi – e di darne una lettura più leggera, più affascinante, più seducente e, insieme, stimolante un positivo approccio al quotidiano, togliendolo dalle monotonie, dalle afasie,dalle apatie e ritrovando un po’ di entusiasmo, un’energia che torni a sottolineare la bellezza delle relazioni, l’armonia degli affetti e la profondità dell’emozione religiosa che ricollega umano e divino, esperienza reale e mistero.

I suoi percorsi segnici conservano un’autenticità e una semplicità di notevole suggestione, accostando la sua figurazione a forme di arte popolare, “ingenua” nel senso migliore del termine, che vuole sottolineare infatti la “genuinità” e l’immediata risonanza delle sue storie grafiche senza complicazioni concettuose e concettuali. Di quest’anima autenticamente legata alla tradizione di racconto figurale “popolare”, dai filò alle fiabe, dalle “storie” alle metafore giocose è conferma “coralità” che caratterizza il mondo elle sue acqueforti, acquetinte, puntasecche: ora coralità di persone, ora degli elementi naturalistici attorno alle persone, animali, fiori, stelle, uccelli, dentro e fuori, terra e cielo, terra e acqua, luci della notte, pieghe del giorno. (…)  

Giorgio Segato