MATTANA JEAN-LOUIS

Jean-Louis Mattana (Reims il 18.9.1921 – Torino 29.7.1990) Ha operato a Torino, a Pietra Marazzi (AL), a Parigi, Neuilly, Cannes e Cernay, in Alsazia, dove sino al 1986 ha tenuto un atélier.

Sue opere si trovano in collezioni in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Canada, Belgio, Austria e Olanda; nel Museo di Saint Paul de Vence, nella Pinacoteca Civica di Casale Monferrato, nel Centro Comunale di Cultura di Valenza e nella Collezione Civica d’Arte a Palazzo Vittone di Pinerolo.

L’itinerario artistico di Jean-Louis Mattana, non è stato affinamento tecnico fine a se stesso, ma costante adeguamento alle mete di un’incessante ricerca interiore, in costante dialogo con l’arte figurativa, la letteratura, la musica, la filosofia.

L’arte di Mattana tende ai significati ultimi, dalla “veduta” parigina, che allude a Utrillo, al paesaggio sintetico che ritiene della pittura metafisica, all’essenzialità dei dipinti più recenti, in cui una linea nera, due fasce e un cerchio di colore evocano una contemplazione atemporale, carica della tensione del Tutto. Dagli anni ‘40 alla fine degli ‘80, attraverso le visioni rese “drammatiche” da scuri tratti intrecciantisi (i porti degli anni ‘50), la pittura materica e scabra disposta in campiture geometriche (i “muri”, i “tetti”), e l’affacciarsi enigmatico ed inquietante dei grandi fiori antropomorfi (anni ‘60 e ‘70), si giunge, attraverso le campagne e le marine, all’estrema e tesa sintesi finale. Sin dagli esordi c’è costante tendenza ad individuare le linee di forza dell’immagine e a tradurre il colore naturale in espressione dell’interiore. Riferimenti sono le vetrate gotiche nelle campiture di colore, nella sintesi, nel segno nero che intesse trame, il platonismo di Piero della Francesca; le teorie sul colore dei maestri novecenteschi che ne hanno rilevato l’espressività dei timbri e della matericità, aspra o lieve; la scomposizione geometrica della visione, da Cézanne e dal Cubismo. Pur nella rarefazione l’arte di Mattana è sempre riconducibile al referente esterno, che ha suscitato l’emozione iniziale, che il pittore cattura e cristallizza nell’immagine.     F. De Caria

Chambre de Commerce Italienne pour la France, 1993

Dall’esordio alla galleria torinese il Grifo del 1950, l’attività espositiva in tutta Italia e all’estero è stata intensissima. Ne resta traccia anche nei commenti critici di particolare efficacia.

“…L’impianto pittorico fondamentale oscilla tra un vedutismo ottocentesco, ridotto a piani assai semplificati, e certa ricerca di essenzialità coloristica… derivata… dalla Scuola Romana e da Mafai”                 (La Stampa 4.5.1950)

“…Predilige in certi paesaggi la calma di Morandi… Nella Place du Tertre… un’eco della malinconia utrillesca”           (M. Bernardi, “Torino” 15.6.1950)

“…Egli scarnifica… all’essenziale… Tutto è chiuso in un’amarezza priva di speranza: blocchi di case pervase di solitudine, alberi nudi… ritti come statue o dolorosamente contorti, simili a sbarre…”   (“La Verità”, Brescia 6.3.1955)

“…Traspare la secchezza e la malinconia propria degli Ossi di seppia …”    (“Giornale di Brescia”, 4.3.1955)

“…Una simbolica sintesi…in un silenzio distaccato di una nuova sensibilità affiorata dalla luce cromatica…”  (A. Mensi, “La Maggiolina”, Alessandria, 1968)

“…il colore… spatolato sul quadro con forza robusta e decisione… crea degli stacchi tra le varie dimensioni e svincola il quadro da ogni legame descrittivo e lo colloca su un piano… di intenso lirismo, in una… atmosfera neometafisica…”   (R. Capanna, “La voce Alessandrina”, 20.3.1968)

“…A un gusto per il naturalismo astratto che in Francia ha avuto tanti estimatori… si affianca un sentimento di discreta malinconia tipico degli artisti piemontesi… Fantasmi di cose, colori scarnificati di ogni naturalismo.”  M. Vescovo – “Il Piccolo”, 1968

“…Un rigore rinascimentale nella impostazione del quadro, un sole … cerchio perfettissimo campito in un cielo di cobalto compatto posa su un orizzonte preciso di mare viola come nel verso di Omero… grandi massi bianco-grigio in primo piano oppongono la loro materiale scabrosità …”     (S. Taricco in “La Gazzetta di Asti”, 19.10.1972)

“…Ceux qui aiment au delà de la simple apparence des choses… se retrouveront devant ce monde de silente et prendront la pause de l’ame pour ce hymne à la nature où l’homme est réconcilié avec ses racines dans une commune étérnité…”          (“Thann”, 17.8.1977)

“…Subentra un inquietante interrogativo: se questa linea o questo ciuffo d’erbe… non siano l’irraggiunta chiave del dialogo, se montalianamente ogni cosa non rechi scritto “più in là”, se la perfetta calma non sia un gridare un grido muto…”      (D. Taverna, Catalogo della Mostra di Palazzo Vittone, Pinerolo, 1987)