CALI’ GASPARE

CALI'Gaspare Calì è nato a Pachino il primo di Giugno del 1947. Dipinge dal 1961. Di lui e delle sue opere hanno scritto e parlato numerosi critici e personalità del mondo dell’arte. È stato recensito su cataloghi e riviste specializzate. Ha ottenuto premi e riconoscimenti e le sue opere si trovano in Italia e all’estero. Ha insegnato all’Istituto Statale d’Arte di Siracusa, di Noto e al Liceo Artistico di Busto Arsizio.

Il Calì col suo simbolismo legato ai temi ed alle problematiche umane fa trasparire, una razionalità dell’intelletto, la sintesi eletta di materia e luce, chiaro e scuro, estetica e sensibilità, mente e cuore. Un arte quindi rassicurante in un rapporto dell’uomo con il mondo nella riappacificata conciliazione degli opposti.                 Eleonora Gallarati Del Pozzo

 

Gran bella tappa – “Vele sul mare” – lungo l’itinerario – più che quarantennale ormai – dentro la pittura, dal figurativo all’astratto, alla geometria dei colori, dapprima con gli influssi e la sperimentazione degli stilemi del bel dipingere e delle avanguardie del Novecento, e via via in maniera sempre più personale e affrancata; da costituire un a sé nella stessa scuola del paesaggio pachinese cui pure gli esordi lo apparentano, e poi- nel “paesaggio” della pittura. italiana toutcourt, la preziosa personale che Gaspare Calì inaugura sul tema appena espresso, giostrando á leitmotiv gli elementi essenziali del paesaggio siciliano, il Mare e il Cielo, con vele latine e scafi , alberi maestri di barche che non sono né caicchi né speronare né tozze imbarcazioni di mattanza, ma solo metafora dell’andar per mare, dello sconfinamento negli oceani della Luce.

Un’essenzialità della rappresentazione – composta per macchie di colore e sentimento del paesaggio, “fabulazione” di impervie geometrie della luce e quieto dispiegamento delle ombre – che per la rarefazione degli elementi, l’incisiva linearità della rappresentazione – fino al limite d’imbrigliamento della creatività più esplosiva nel rigore del gioco a levare – lo apparenta a certa ricerca del nitore e della limpidezza, degli elementi essenziali dell’eternità del paesaggio siciliano sottratto alle contaminazioni spurie del progresso, di certa grafica di Piero Guccione, cui di suo, Gaspare Calì, fonde quella ricerca di armonie dell’insieme che tanto tentò Paul Klee verso la: musicalità della composizione pittorica.

Quattordici opere e sedici bozzetti in quattro riquadri, a far trenta immagini che compongono e scompongono la smania dell’occhio verso l’Infinito – forse provata dalle alture dell’eremo dello studio costruito nel pizzo più alto di Torrefano – dove lo sguardo davvero può smaniare, nei giorni di quiete, di limpida agonia del mare sotto la sferza delle calure dello scirocco, fino agli orizzonti che segnano il confine di Grecia o il limite delle Arabie. Mare e vele, o meglio, -”Vele sul mare”; come metafora di una poetica pittorica che cerca – e con squisita sapienza pittorica. trova – il darsi uguale e mutevole della. natura marina, ora sotto il quieto flusso degli zefiri ora sotto l’influsso più ruinoso del maestrale.

E sono tele, quelle che Gaspare Calì espone in questa ennesima personale, dove una mano magistralmente temperata al segno pittorico plasma e domina la materia, esprimendo una straordinaria quiete interiore, senza l’assillo di voler stupire, senza dover dimostrare la sua perizia d’artista impressionista, ma come esercizio di liricità tutta dettata dai moti interiori dell’animo, che si ritrova, nel biancore delle vele, nelle variegate risonanze dei cristallini delle acque, come espressionismo sonoro, di densa tempra musicale. Con lievi pennellate – d’acrilico o di tempera – senza disegno, senza tratti di carbonella a far tracciati di colore da riempire, in questa personale Calì sembra trovare un’assoluta dimensione di libertà espressiva, intessendo un delicatissimo dialogo con l’arte lungo le labirintiche geometrie dell’Infinito.

Apparentemente meno incisiva, tematicamente, della fortunata serie delle “donne siciliane” alluttate dai lunghi scialli, con le labbra sempre serrate dall’apprensione o come impegnate nell’esercizio dei rosari a cantilena, questa ultima mostra vira di centottanta gradi la ricerca espressiva e compositiva di Gaspare Calì, si fa tappa essenziale – e di peculiare rilievo – verso altre tappe di ricerca che disdegnano – come sempre hanno disdegnato – la cristallizzazione nella ripetizione di un clichè, nella fissazione di uno o più stilemi definitivamente chiusi – a concludere ed esaurire – quell’anelito di ricerca inquieto e irrequieto verso sempre nuovi orizzonti di espressione artistica e personale.

Vi ho visto, in queste tavole, fin dalla prima veloce scorsa in una serata estiva che volle mostramele tutte, appoggiandole lungo le pareti dello studio della casa paterna – fino a dimenticarci della stessa sera che si ammantava: intanto del buio della notte – una sorta. di ricerca del divino e dell’assoluto, che Gaspare ha intrecciato con la geometria plastica del Creato, per cui mi parvero subito vele dentro tragitti non di banale regata, non dirette verso il giro di boa, non animate dalle urla dello spinnaker, ma vele dentro i tragitti esistenziali dell’essenzialità del vivere, di cui é sempre paradigma inequivocabile la luce e il colore.

Colore e luce, dunque, nell’andirivieni del tempo di regata della vita, con scafi e vele che segnano, metaforicamente, partenze e ritorni, invisibili mete e inesistenti porti di partenza, vele nel qui e ora dei mistero del cielo e del mare, con cui – ieri come oggi – l’umanità commisura la sua limitatezza e lo sgomento domandarsi di creatura pensante nell’insieme del Cosmo.

Tutto questo mi pare di aver intuito e visto, in questa raffi nata tappa che segna una particolare accensione lirica, nella ricerca di Gaspare Calì, insieme a quello che palpabilmente poi in sé ogni singolo quadro racchiude e conclude, ovvero la rara capacità di rendere elegantemente musicale la formale plasticità delle geometrie, il sonoro delle macchie di colore che si fanno sconfinata distesa marina nella quale il cielo rispecchia le sue vibranti melodie per raffi nate luminescenze riflesse.

Quadri forse, che trovano la sua ridondante ricchezza nella vista d’insieme, da comprare ed esporre, se proprio sia la collezione da smembrare con il vile mercato della compravendita, almeno in blocchi di quattro, per gustare quel felice gioco dei rimandi, quel gusto delle piccole -variazioni e delle insistenze, quel fare e rifare come uguale a l’altra ogni tavola, con permute e travasi di dettagli, con tocchi e ritocchi a campionature di stilemi compositivi e “idiomi” del colore, perché è in questo che il tema dell’infinito darsi uguale e mutevole del mare, della luce, del colore della vela come metafora dell’andare – per mari ma anche per terre, e dell’andare nel tempo commisurato dagli anni – trova la sua felicissima ricchezza espressiva. Vi ho visto, e credo vi sia, in questa personale di Gaspare Cali, un’essenzialità che si fa prepotentemente segno incisivo, delicato paradigma del sereno travaglio dell’animo alle prese con temi – nel discorso interiore che le tavole adombrano – di leopardiana memoria, ancorché virati dalla terra recanatese al mare siciliano, dalla lirica dei sonetto alla lirica del colore. Straordinaria tappa, dunque, “Vele sul mare”, dell’itinerario artistico e insieme esistenziale d’un pittore – a me caro da sempre – nella pienezza della sua maturità artistica.                           Giuseppe Drago